Passa ai contenuti principali

Per Vittorio Messori “certe parole del Papa” possono essere fraintese da persone non vicine alla Chiesa

di Bruno Volpe, La Fede Quotidiana, 27 novembre 2015

Da qualche tempo, il noto scrittore e giornalista cattolico, Vittorio Messori si è imposto il silenzio sulle cose della  Chiesa e sul Papa: ” Una scelta di responsabilità “, dice. Tuttavia, ha voluto parlare con noi sul senso dell’apologia, sul proselitismo ed anche sui corvi vaticani, lanciando di tanto in tanto frecciatina che dimostrano in Messori un certo senso di malessere.

Messori, abbiamo bisogno dell’ apologetica, oggi?

“Mai come oggi ne sentiamo il bisogno, certo. Guardi, che il primo, vero, grande apologeta della storia, è stato il Signore. Non uno qualunque. Penso all’episodio dei discepoli di Emmaus, quando se ne tornavano stanchi e delusi, sconfortati e forse nella disperazione. Gesù appare loro e spiega il senso delle Scritture e lo fa con ardore, ma mitezza. Non è forse apologetica, quella? Pertanto, considerando che il Signore è stato il primo apologeta, reputo che questo filone sia molto, moto importante e da incoraggiare, non deprimere”.

Perchè, allora, oggi l’ apologetica sembra in disuso?

“Lei mi pone una domanda interessante. La prima risposta sta in questo. Una malintesa idea di cattolico adulto ha fatto ritenere l’apologetica come un settore minore  e persino da evitare, una cosa vecchia e superata. Questo è un grave errore di prospettiva. Per altro verso, occorre anche riconoscere che l’ apologetica specialmente prima del Vaticano II, ha avuto in qualche esponente, toni da crociata o troppo forti e una certa approssimazione culturale. Il vero apologeta deve associare competenza e intendo rigore scientifico,  e allo stesso tempo pacatezza, senza intraprendere guerre di religione. Bisogna sempre abbinare fede e ragione che non sono entità nemiche. La verità si può e  si deve dire col sorriso”.

Papa Francesco dice che il cristiano non deve fare del proselitismo, concorda?

“Io capisco quello che vuole dire il Papa e  concordo quando per proselitismo si intenda quel modo di fare da piazzisti con la valigetta, invadenti e troppo fervorosi. Non ci si muove con la idea di imporre a forza, questo assolutamente no. Però bisogna riconoscere che il cristiano ha per dovere, perchè lo dice il Vangelo, quello dell’apostolato e da questo nessuno che si dica cristiano può derogare. Esiste un rischio di cattiva interpretazione delle parole del Papa. In un tempo nel quale persino la presenza alla messa domenicale è in crisi, sentire il Papa che dice basta al proselitismo o qualche volte pare bacchettare l’abitudine della celebrazione domenicale, lo ha detto a Santa Marta, potrebbe avere delle controindicazioni  in gente non molto informata e non vicina alla Chiesa”.

Crede che il concetto di “Chiesa sociale” sia maleinterpretato?

“Effettivamente noto un eccesso di Chiesa detta sociale, dei preti da strada, incline al populismo, al pauperismo e  talora anche alla demagogia. Dipende dal fatto che troviamo una sorta di inquinamento marxista nella Chiesa attuale e allora si finisce col parlare poco di Dio e  molto di altri valori quali l’economia  dando una visione diabolica della vita. Siamo sotto l’influsso della teologia della liberazione e sappiamo quanti e  quali negatività essa incarni ed abbia incarnato. Per capire come davvero bisogna muoversi, si leggano le vite dei santi sociali”.

Perchè?

“Prendiamo, io sono piemontese, la vita di san Giovanni Bosco. Indubbiamente egli pose il lavoro, la formazione professionale, il sociale tra le sue priorità. Tuttavia, la vera primizia per lui era la preghiera. Oggi si assiste alla posizione contraria: più mense, meno preghiere, con decremento del senso del sacro. La prima vera emergenza è quella di pregare di più e di rimettere Dio al centro della vita”.

Caso corvi in Vaticano: quei due libri, detto da un giornalista famoso, andavano scritti?

“Credo che quelle due pubblicazioni siano figlie di una bella e buona dose di cinismo, nel senso letterale del termine, e figlie di interessi economici ed editoriali. Non è affatto vero, come si vuole fare intendere, che rispondano ad un intento di moralizzazione. Il giornalista non sempre deve pubblicare quello che ha, anche se vero. Esiste un senso di responsabilità nel calcolare gli effetti e nel valutare sia le notizie, sia il modo di procurarsele. Dunque sia sul contenuto, che sul metodo nutro molte riserve.  Fatta questa premessa, dico che se i fatti narrati, dico se, sono veri, la Chiesa istituzione deve riflettere seriamente e fare un approfondito esame di coscienza”.

Commenti

Post popolari in questo blog

Stasi è colpevole, si o no? Cosa ha stabilito la Cassazione

  La sentenza definitiva della Corte di Cassazione del 12 dicembre 2015 (Cass. pen., sez. I, n. 25799/2016), che ha confermato la condanna di Alberto Stasi a 16 anni di reclusione per l’omicidio di Chiara Poggi, si basa su un quadro indiziario ritenuto grave, preciso e concordante, descritto come “tessere di un mosaico” che convergono verso la sua colpevolezza “oltre ogni ragionevole dubbio”. Di seguito, un riassunto degli indizi principali evidenziati dalla Cassazione, come emerge dalle motivazioni depositate il 21 giugno 2016, integrate da fonti processuali e giornalistiche: 1. Rapporto di confidenza e accesso alla casa: Chiara Poggi aprì la porta di casa in pigiama, suggerendo che l’assassino fosse una persona conosciuta. Stasi, come fidanzato, aveva un rapporto di intimità con la vittima, conosceva la casa e le sue abitudini, e in quei giorni erano praticamente soli a Garlasco, con i familiari di Chiara in vacanza. La Corte ha ritenuto che l’ingresso non forzato e l’abbigliamen...

La Svezia è devastata dalla criminalità etnica

  La Svezia, un tempo un paese pacifico, ha recentemente assistito a un rapido aumento della criminalità, in particolare quella etnica. Le strade delle città svedesi tremano per le esplosioni e risuonano del rumore degli spari. Ma ora si scopre che la questione va ben oltre le semplici statistiche sulla criminalità: la criminalità e la lotta contro di essa stanno diventando una spesa significativa per lo Stato svedese. Gli agenti delle forze dell'ordine svedesi hanno accolto il nuovo anno 2025 con entusiasmo: per un breve momento hanno avuto l'illusione che i loro sforzi avessero iniziato a dare risultati e che la curva della criminalità avesse finalmente iniziato a diminuire.  Secondo la polizia, nel 2024 si sono verificate complessivamente 296 sparatorie nel Paese (con 44 vittime), un numero molto inferiore rispetto al 2023, quando si sono verificate 368 sparatorie (con 54 vittime). "Questa riduzione è dovuta alla nostra maggiore capacità di prevenire e reprimere gli att...