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Quelli che son più buoni di Nostro Signore. Sinodo e sentimentalismo



Gli obbrobri dottrinali proclamati di recente da vari padri sinodali (e non solo) riguardo alla possibilità di permettere l’accesso alla Santa Comunione anche ai “divorziati risposati” non dipendono tanto dalla scarsa preparazione teologica di coloro che li proclamano, quanto dalla decisione di abbandonare la via della teologia come fondamento della Dottrina e della pastorale. Gran parte di coloro che si sono espressi favorevoli a un tale oltraggio nei confronti dell’insegnamento della Chiesa, hanno ottime competenze teologiche, almeno dal punto di vista accademico.

Come mai, allora, sono caduti in un errore così evidente?

Sua Santità Pio XII ci metteva in guardia già prima del Concilio Vaticano II: “Il più grande peccato è che si è perso il senso del peccato”. Questo è uno dei più terribili inganni del modernismo, che, essendo intriso di fenomenismo, soggettivismo e relativismo Kantiano assieme all’Idealismo Hegeliano, è contrario alla cognizione razionale. E dunque, screditando il retto utilizzo della ragione, la teologia, che non è un’opinione ma una scienza (rigorosa e metodica) che esercita la ragione sul messaggio della rivelazione accolto dalla fede, diviene un ostacolo all’affermazione dell’eresia modernista.  

Di conseguenza si predilige un approccio soggettivo, relativo e qualunquista, rispetto ad un approccio teologico, ossia oggettivo, razionale e anche logico. Dunque, per ritornare alla constatazione di Pio XII, il problema è che non si affronta più la questione del peccato con oggettività e distacco, bensì con becero sentimentalismo (soggettivista) in salsa compassionevole e misericordiosa. In nome della (falsa) pietà si è preferito abbandonare la teologia del peccato, che è ciò che Dio ci ha rivelato del peccato e si trova nel Magistero, nella Tradizione e nelle Scritture, per rimpiazzarla con la filosofia moderna antropocentrica.

Non solo “si è perso il senso del peccato” ma naturalmente anche il senso del Sacro (il Novus Ordo Missae c’entra qualcosa, forse?) e della Grazia. Non si crede più nella forza intrinseca della Verità. Volgendo lo sguardo soltanto sull’umano e non sul divino, è ovvio che il peccato sembra qualcosa di insormontabile e imbattibile. In effetti, lo è, se non si tiene più in considerazione la Grazia di Dio Onnipotente. È bene confidare in Gesù Cristo che risuscitando ha vinto la morte. Sta scritto: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, che pone nella carne il suo sostegno e dal Signore si allontana il suo cuore” (Ger 17, 5).


I paladini della “Comunione per tutti” non si servono della teologia perché non gli è d’aiuto. Secondo loro, giacché ogni persona ha la sua storia, unica e singolare, allora non si può generalizzare dicendo che tutte le anime che vivono in adulterio siano in peccato mortale. È certamente vero che alcuni giudizi riguardanti il foro interno delle persone spettano soltanto a Dio, tant’è che la Chiesa non asserisce quasi mai con certezza che una particolare persona vada all’inferno, ma appunto questo giudizio spetta a Dio. Non si può far leva su un giudizio che non spetta ai pastori, perché un simile ragionamento non ha nulla di teologico. Dio si è rivelato per la Salvezza degli uomini. Bisogna perciò avvalersi di ciò che Dio ci ha rivelato (approccio teologico), anziché disquisire su ciò che Dio non ci ha rivelato (approccio modernista), ossia come Egli ci giudicherà singolarmente nel giorno del Giudizio.

Dio ci ha rivelato – ripeto – tramite il Magistero (fonte prossima) e la Tradizione e le Scritture (fonte remota) che chiunque osi commettere adulterio e non pentirsene si trova sicuramente in peccato mortale.  Il Catechismo insegna che gli adùlteri hanno sulla coscienza un peccato gravissimo e chi si trova in questo stato non può accedere al Sacramento dell’Eucaristia. Gesù infatti ha detto: “«L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto». Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio»”(Mc 10, 9-12). Non c’è altro da aggiungere.

È stato proprio Lucifero, invidioso com’era, che ha voluto mettersi al posto di Dio e oggi non bisogna cedere alla stessa tentazione. Questa superbia di voler sapere tutto, di pretendere di conoscere l’intimo dell’uomo meglio di Dio, di voler essere più buoni di Nostro Signore e essenzialmente di non farci bastare la teologia, certamente non è ispirata dallo Spirito Santo, che al contrario ha prodotto la teologia proprio perché la Chiesa la utilizzasse per compiere l’opera salvifica di Dio Padre.



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