Molte volte sant'Ignazio è stato definito il bastione della
Controriforma. In questo c'è del vero, ma […] i gesuiti erano più impensieriti
da Calvino che da Lutero. […] Avevano colto con sagacia che lì si annidava il
vero pericolo per la Chiesa.
Calvino è stato il grande pensatore della Riforma
protestante, colui che l'ha organizzata e l'ha portata sul piano della cultura,
della società e della Chiesa; ha plasmato un'organizzazione che Lutero non si
era proposto. Questi, il tedesco impetuoso che probabilmente aveva progettato
tutt'al più di dare vita a una Chiesa nazionale, viene riletto e riorganizzato
da quel francese freddo, un genio latino versato nella giurisprudenza, che era
Calvino.
Lutero era visto come un eretico. Calvino, in più, come uno
scismatico. Mi spiego. L'eresia – per usare la definizione di Chesterton – è
un'idea buona che è impazzita. Quando la Chiesa non può guarirne la pazzia,
allora l'eresia si trasforma in uno scisma. Lo scisma implica rottura,
divisione, separazione, consolidamento indipendente; va progredendo per passi
successivi fino a conquistare la propria autonomia. Sant'Ignazio e i suoi
successori combatteranno contro l'eresia scismatica.
E qual è lo scisma calvinista che provocherà la lotta di
Ignazio e dei primi gesuiti? Si tratta di uno scisma che tocca tre aree:
l'uomo, la società e la Chiesa. […]
Nell'uomo, il calvinismo provocherà lo scisma tra ragione ed
emozione. Separa la ragione dal cuore. Sul piano emotivo l'uomo di quel secolo,
e sotto l'influsso luterano, viveva l'angoscia per la propria salvezza. E,
secondo Calvino, di quell'angoscia non occorreva preoccuparsi. Contava soltanto
curarsi delle questioni dell'intelligenza e della volontà.
Qui ha origine lo squallore calvinista: una disciplina
rigida con una grande sfiducia in ciò che è vitale, il cui fondamento è la fede
nella totale corruzione della natura umana, che può essere ordinata soltanto
dalla sovrastruttura dell'azione dell'uomo. Calvino compie uno scisma dentro
l'uomo: tra la ragione e il cuore.
Più ancora, nella stessa ragione, Calvino provoca un altro
scisma: tra la conoscenza positiva e la conoscenza speculativa. Si tratta dello
scientismo che spezza l'unità metafisica e provoca uno scisma nel processo
intellettivo dell'uomo. Ogni oggetto scientifico viene assunto come assoluto.
La scienza più sicura è la geometria. I teoremi geometrici saranno una sicura
guida di riferimento del pensiero. Questo scisma, avvenuto nella stessa ragione
umana, colpisce tutta la tradizione speculativa della Chiesa e tutta la
tradizione umanistica. […]
Lo scisma calvinista colpisce poi la società. Essa ne
resterà divisa. Come apportatrici di salvezza Calvino privilegia le classi
borghesi. […] Ciò implica e comporta una rivoluzionaria disistima verso i
popoli. Non c'è più né popolo né nazione, e invece si configura
un'internazionale della borghesia.
Con un anacronismo potremmo applicare qui la formula di
Marx: "Borghesi di tutto il mondo unitevi", disprezzando qualsiasi
cosa significhi la nobiltà dei popoli. Con questo atteggiamento Calvino è il
vero padre del liberalismo, che è stato un colpo politico al cuore dei popoli,
al loro modo di essere e di esprimersi, alla loro cultura, al loro modo di
essere civico, politico, artistico e religioso.
Probabilmente sul piano sociale ciò è più avvertibile
nell'elaborazione dapprima di Hobbes (secondo il quale gli uomini dovevano
convivere per mezzo dell'inganno e della forza, mentre lo Stato, "moderno
Leviatano", esisteva semplicemente per tenere a bada gli egoismi ed evitare
l'anarchia, legittimando una logica di dominio, dato che non c'era alcuna legge
naturale) e poi di Locke, molto più sofisticato ma non meno crudele.
Hobbes rivendica il "potere" senza cuore, con una
giustificazione assolutista e razionalista. Locke riveste tutto ciò con un
"contegno civile" e cerca di ridefinire la società escludendo il
popolo.
La posizione di Locke è la seguente: parte dall'ammissione
di un certo diritto naturale e adopera lo slogan "la ragione insegna che…", per poi
trarne – come per magia – conclusioni che giustificano quello scisma sociale:
l'uomo – poiché egli supera la propria corruzione naturale tramite l'attivismo
– può possedere il frutto del suo lavoro purché quel frutto non sia
corruttibile. Ecco nascere la moneta e l'indole monetarista del liberalismo.
Inoltre, la ragione insegna che l'uomo ha diritto a comprare
lavoro; e con ciò si danno due tipi di lavoratori: quelli che posseggono beni
incorruttibili e quelli che non li posseggono. Lo Stato ha la funzione di
mantenere l'ordine tra queste due categorie di lavoratori evitando la
ribellione dei secondi contro i primi. In fondo, il pensiero
calvinista-scismatico-liberale sta rivendicando per il secondo gruppo di
lavoratori il potere di ribellione, quella che oggi diremmo la ribellione del
proletariato. In ultima istanza, il marxismo è figlio obbligato del
liberalismo. […]
In terzo luogo, lo scisma calvinista ferisce la Chiesa. […]
Soppianta l'universalità del popolo di Dio con l'internazionalismo della
borghesia. […] Decapita il popolo di Dio dell'unità con il Padre. Decapita
tutte le confraternite dei mestieri privandole dei santi. E, sopprimendo la
messa, priva il popolo di Dio della mediazione in Cristo realmente presente.
[…]
In fondo Calvino aveva provato a salvare l'uomo, che la
prospettiva luterana aveva precipitato nell'angoscia. In Lutero si affaccia
l'intenzione di salvare l'uomo dal paganesimo rinascimentale, ma
quell'intenzione si era evoluta in "idea pazza", ovvero in eresia.
Perciò Calvino, con la freddezza legislativa che lo caratterizza, parte
dall'angosciante impostazione luterana e progredisce così: l'uomo è corrotto;
pertanto, disciplina.
Da qui nasce quello che conosciamo come il "rigore
protestante". Esso propone segni di salvezza diversi da quelli cattolici –
quelli che abbiamo citato prima –, e il segno è il lavoro accumulatorio. Quasi
pretendesse identificare i frutti del lavoro con i segni della salvezza.
Potremmo semplificarlo in modo caricaturale con questo assioma: "Sarai
salvato se ottieni la ricchezza che si ottiene con il lavoro". Ed ecco
plasmata la classe borghese.
A partire dalla posizione luterana, se siamo coerenti,
restano soltanto due possibilità fra cui scegliere nel corso della storia: o
l'uomo si dissolve nella sua angoscia e non è più niente (ed è la conseguenza
dell'esistenzialismo ateo), oppure l'uomo, basandosi su quella medesima
angoscia e corruzione, fa un salto nel vuoto e si autodecreta superuomo (è
l'opzione di Nietzsche).
In fondo Nietzsche rigenera Hobbes, nel senso che
l'"ultima ratio" dell'uomo è il potere. Il dominio è possibile
soltanto contro l'amore, a partire dalla contrapposizione, nell'uomo, tra la
ragione e il cuore. Un simile potere, come "ultima ratio", implica la
morte di Dio. Si tratta di un paganesimo che, nei casi del nazismo e del
marxismo, acquisterà forme organizzate in sistemi politici.
La prospettiva luterana, poiché si fonda sul divorzio stesso
tra la fede e la religione (concepisce infatti la fede come l'unica salvezza e
accusa la religione – gli atti di religione, la pietà e così via – di essere
una mera manipolazione di Dio), genera divorzio e scisma; comporta ogni sorta
di individualismi che, sul piano sociale, affermano la loro egemonia.
Qualsiasi egemonia, sia essa religiosa, politica, sociale o
spirituale, ha qui la sua origine.
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Nel 1985, quando tenne questa conferenza, Jorge Mario Bergoglio aveva 49 anni ed era rettore del Colegio Máximo di San Miguel. Dal 1973 al 1979 era stato provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina.
Fonte: http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351398
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