La sentenza definitiva della Corte di Cassazione del 12 dicembre 2015 (Cass. pen., sez. I, n. 25799/2016), che ha confermato la condanna di Alberto Stasi a 16 anni di reclusione per l’omicidio di Chiara Poggi, si basa su un quadro indiziario ritenuto grave, preciso e concordante, descritto come “tessere di un mosaico” che convergono verso la sua colpevolezza “oltre ogni ragionevole dubbio”. Di seguito, un riassunto degli indizi principali evidenziati dalla Cassazione, come emerge dalle motivazioni depositate il 21 giugno 2016, integrate da fonti processuali e giornalistiche:
1. Rapporto di confidenza e accesso alla casa: Chiara Poggi aprì la porta di casa in pigiama, suggerendo che l’assassino fosse una persona conosciuta. Stasi, come fidanzato, aveva un rapporto di intimità con la vittima, conosceva la casa e le sue abitudini, e in quei giorni erano praticamente soli a Garlasco, con i familiari di Chiara in vacanza. La Corte ha ritenuto che l’ingresso non forzato e l’abbigliamento della vittima indicassero un autore del delitto con un legame stretto, compatibile con Stasi.
2. Pulizia anomala delle scarpe: Le scarpe Lacoste color bronzo indossate da Stasi quando chiamò il 118 erano inspiegabilmente pulite, nonostante il pavimento della villetta fosse insanguinato. La Cassazione ha sottolineato che, seguendo il percorso dichiarato da Stasi (ingresso, attraversamento del soggiorno, avvicinamento alla scala dove giaceva Chiara), era “altamente improbabile” non calpestare il sangue, a meno che non avesse cambiato o pulito le scarpe. Questo elemento è stato considerato un indizio grave, supportato da perizie sulla distribuzione delle macchie ematiche.
3. Impronte insanguinate e DNA sul dispenser del sapone: Sul dispenser del sapone nel bagno della villetta sono state trovate un’impronta digitale di Stasi e tracce di DNA misto (di Chiara e Stasi), con sangue della vittima. Inoltre, davanti al lavabo c’erano impronte insanguinate di scarpe numero 42 (compatibili con quelle di Stasi), suggerendo che l’assassino si fosse lavato dopo il delitto. La Corte ha ritenuto questi elementi precisi e concordanti, indicando che Stasi fosse presente sulla scena e si fosse pulito, coerentemente con la mancanza di sangue sui suoi vestiti.
4. Tracce di DNA di Chiara sulla bicicletta: Sui pedali di una bicicletta nera da donna, custodita nell’officina della famiglia Stasi, sono state trovate tracce di DNA compatibili con quello di Chiara Poggi. Sebbene la difesa abbia sostenuto che potesse trattarsi di sudore o saliva, i RIS hanno ipotizzato sangue. La bicicletta, non sequestrata immediatamente (un errore investigativo evidenziato dalla Cassazione), era stata indicata da una testimone vicino alla villetta la mattina del delitto. Questo indizio, pur acquisito tardi (2014), è stato valutato come significativo, rafforzando il collegamento di Stasi con la scena del crimine.
5. Incongruenze nell’alibi e nel racconto: Stasi dichiarò di aver lavorato alla tesi di laurea a casa sua tra le 9:00 e le 9:35, orario probabile del delitto (tra le 9:00 e le 12:00, quando l’allarme di casa Poggi fu disattivato). Tuttavia, una perizia informatica ha mostrato una finestra temporale in cui il suo computer non era in uso, contraddicendo il suo alibi. Inoltre, il suo racconto presentava incongruenze, come il tono “distaccato” nella chiamata al 118 e la mancata spiegazione di come avesse evitato le macchie di sangue. La Cassazione ha ritenuto queste discrepanze indicative di un tentativo di costruirsi un alibi.
6. Movente legato a tensioni nella coppia: Sebbene non sia stato identificato un movente preciso, la sentenza di appello bis (confermata dalla Cassazione) ha indicato “difficoltà interne alla coppia”. L’accusa ha ipotizzato che la scoperta da parte di Chiara della passione di Stasi per la pornografia sul suo computer possa aver scatenato una lite la sera prima del delitto, culminata in un omicidio per “dolo d’impeto” (senza premeditazione). La Corte ha considerato questo elemento come parte del quadro indiziario, pur non essendo determinante da solo.
7. Comportamento sospetto post-delitto: La Cassazione ha valorizzato il comportamento di Stasi dopo il delitto, come la sua apparente calma durante l’interrogatorio di 17 ore e la gestione della scena del crimine. Ad esempio, il fatto che non abbia lasciato impronte ematiche visibili nonostante il percorso dichiarato è stato interpretato come un tentativo di manipolare la scena, coerentemente con l’ipotesi che si fosse lavato e avesse cambiato vestiti o scarpe. Inoltre, la Corte ha notato che Stasi “indirizzò e ritardò le indagini” in modo favorevole a sé, ad esempio non evidenziando subito la bicicletta nera.
### Valutazione complessiva della Cassazione
La Corte di Cassazione ha ribadito che, sebbene nessun singolo indizio fosse una “prova diretta” (come un’arma del delitto o una confessione), la loro combinazione formava un quadro coerente e inattaccabile, escludendo ipotesi alternative come un furto o l’intervento di terzi. Gli indizi sono stati giudicati gravi (dotati di elevata persuasività), precisi (non suscettibili di interpretazioni diverse) e concordanti (convergenti verso la stessa conclusione). La sentenza ha escluso l’aggravante della crudeltà, ritenendo l’omicidio un atto impulsivo, e ha confermato che l’inchiesta, pur caratterizzata da “errori e superficialità” (es. il ritardo nel sequestro della bicicletta), non ha compromesso la solidità del quadro probatorio
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