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Le antenne del dottor Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri, non si abbassano mai. L’ultimo allarme che hanno captato, un mese fa, riguardava tre casi di eroina tagliata con l’antrace. Avete letto bene: il Bacillus anthracis usato nella guerra batteriologica. Era stata da poco superata un’emergenza a Torino: 27 morti in 45 giorni, un’ecatombe, con un quadro sindromico sempre uguale. «Alla fine abbiamo scoperto che tutti i tossicomani deceduti avevano assunto una dose di eroina particolarissima, la 6-Mam, o monoacetilmorfina, di solito prodotta in Messico. È micidiale, arriva dritta al cervello. Non lascia neppure il tempo di dire “a”: provoca l’immediato arresto cardiocircolatorio».
Carlo Giovanardi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle politiche per la famiglia, ha l’occhio lungo per certe cose, anche perché ha prestato servizio militare nell’Arma dei carabinieri. Quando vide per la prima volta il medico Serpelloni a un convegno, capì subito d’aver incontrato l’uomo che faceva al caso suo. E dove lo trovi un altro specialista in medicina interna che vanta anche un master in general management preso alla Bocconi? Che lavora 24 ore su 24, sette giorni su sette, compresi Natale e feste comandate? Che sta dal lunedì al venerdì a Roma, in un edificio di tre piani annesso a Palazzo Chigi, a coordinare il lavoro di una task force di 50 persone, e la sera del venerdì, tornato nella sua Verona, dove fino al 2008 era capo del Dipartimento delle dipendenze dell’Ulss 20, ha ancora l’energia per infilarsi il camice bianco e seguire, gratis et amore Dei, la supervisione delle ricerche scientifiche avviate con le università statunitensi come responsabile del programma della Regione Veneto sulle dipendenze da sostanze d’abuso? Che rifà la stessa cosa il sabato fino alle 16 e anche la domenica mattina? Che nelle due notti del week-end spesso è in giro con le pattuglie della polizia stradale a eseguire prelievi di saliva e di urina all’uscita delle discoteche? Che va in cerca del popolo della notte per redimerlo, come avrebbe fatto un patriarca biblico, forse perché si ricorda che a casa, oltre alla moglie, lo aspettano quattro figli poco più che adolescenti?
Allerta continua.
«In tre morti per overdose da cocaina abbiamo rilevato quantità rilevanti di Levamisole, un antiparassitario usato in veterinaria».
Nel suo curriculum ho contato quasi 150 fra incarichi, consulenze, progetti, inclusa la nomina nella Commissione nazionale contro l’Aids. Mi spiega come fa?
«Da quando avevo 20 anni non dormo più di cinque ore per notte».
Un’insonnia bipartisan: due nomine col ministro Paolo Ferrero, una col ministro Livia Turco, ora quella col governo Berlusconi.
«Sono un servitore dello Stato. Da Rifondazione comunista ad Alleanza nazionale, quando mi chiamano, vado. L’onorevole Giovanardi ha valutato prima l’uomo e poi il tecnico. In questa struttura i curriculum corrispondono al vero. Altrove, anche in Europa, bisogna farci una tara del 70%».
Giovanardi ha dichiarato che le politiche di contrasto alla droga erano state abbandonate. Da chi e perché?
«Guardiamo ai fatti. Per prima cosa il ministro Ferrero ha distrutto il Dipartimento politiche antidroga, mettendo in libertà 40 persone. E ha costruito una nuova organizzazione che, a detta di tutti, non ha funzionato per nulla. Io posso testimoniarlo, perché ero nella consulta dei suoi esperti e ne ho ereditato progetti e impegni di spesa. Ora io capisco lo spoil system, ma non è che a ogni tornata elettorale possiamo smantellare, chessò, la Protezione civile. Ci si mette minimo un anno e mezzo per rimettere in moto una macchina come questa».
E le avanza il fiato per andare a fare i controlli di notte sulle strade.
«Da 25 anni. Dovrebbe venire anche lei. C’è da restare scioccati, e glielo dice uno che non cede all’emotività. Ragazzine di 13 anni come pacchi postali sui sedili posteriori di auto guidate da diciottenni fatti di cocaina, tra vapori di alcol e sudore. Che fai? Le lasci andare? Telefoni ai genitori, che arrivano trafelati, ignari di tutto. Il venerdì, dopo la mezzanotte, uno su due o è drogato o è ubriaco. Il 47% di positività nei test. Nella sede del mio dipartimento abbiamo sei ricicli l’ora di aria condizionata. Be’, alle 6 di mattina sembra una camera a gas. Non c’è limite a quello che i ragazzi bevono, ingoiano, sniffano».
Come la salvi, una generazione così?
«Togliendo le bistecche dagli occhi dei genitori. Lei porta i suoi figli dal dermatologo? Sì. Allora perché si preoccupa dei foruncoli invece che della prima causa di morte, che fra i 14 e i 18 anni è rappresentata da incidenti stradali e droga? Mi sto battendo perché i pediatri sottopongano gli adolescenti al drug test. Non costa niente. Dai 12 anni in su va fatto ogni sei mesi. Urina, capello o saliva, e vedi se tuo figlio è in stato di schiavitù».
Ma interrompi il rapporto di fiducia.
«Al contrario. Gli fai solo del bene. Sa quanto tempo passa dal primo uso di droga a quando i genitori se ne accorgono? In media 8-12 anni. Capisce? Che rapporto puoi dire d’avere con tuo figlio se è tossicomane da 12 anni e tu non lo sai? E infatti quando li scopriamo positivi al test, per questi ragazzi è una catarsi. “Finalmente i miei s’interessano di me”, ti dicono. Per il 99% di loro si tratta di una liberazione».
A che età cominciano a drogarsi?
«Intorno ai 14 anni. Ma ho visto una ragazzina di 12 già dipendente dalla cocaina. Gliela passava uno spacciatore che abusava di lei. L’abbiamo scoperta per caso, è venuta da noi perché aveva i condilomi vaginali. È così che gli albanesi si fanno l’harem».
Come può un genitore impedire che suo figlio ci caschi?
«Deve parlarne, parlarne, parlarne. Seminare serve sempre. Se non semini, non raccogli. L’età giusta per cominciare è 8 anni. Tutti i figli, prima o poi, incappano in un Lucignolo che gli mette in mano una dose. A quel punto devono avere nello zainetto le difese, altrimenti soccombono».
Qual è la porta d’ingresso nel mondo della tossicodipendenza?
«La cannabis. Nessuno va a cercarsela. È la droga che viene a cercare te. Alla base di tutto c’è la curiosità. Ha presente l’Albero della Conoscenza nel giardino dell’Eden? L’uomo è sempre quello».
Ha senso la distinzione fra droghe «leggere» e droghe «pesanti»?
«Non esiste un solo trattato scientifico che ne parli. È solo una distinzione politica e demagogica per giustificare l’uso degli stupefacenti. Dal punto di vista cerebrale non regge. La canapa indiana di oggi è modificata geneticamente per sviluppare fino a sei inflorescenze l’anno e coltivata in serra per aumentare la presenza di tetraidrocannabinolo, o Thc, la sostanza psicoattiva».
E che danni provoca l’hashish così ottenuto?
«Altera la motivazione, l’apprendimento e la memoria sequenziale. In pratica chi fuma marijuana non riesce più a coordinare le azioni più elementari. Esempio: forma un numero di telefono prima d’aver alzato la cornetta e ottenuto la linea. E poi vengono sconvolti i sistemi della gratificazione, che si trovano nella parte antica del cervello».
Si spieghi meglio.
«L’area del giudizio è l’ultima a maturare, intorno ai 20 anni. Di qui il controllo volontario dei comportamenti. Sono gli endocannabinoidi di cui la natura ci ha provvisti a gratificarci quando compiamo una certa azione. Quindi, se io introduco Thc, che è 80 volte più potente, saltano i meccanismi che presiedono alla riproduzione, alla nutrizione e alle motivazioni per vivere. La conseguenza è la morte. Vale anche per la cocaina, che provoca disturbi cognitivi, paranoia, psicosi, ipertensione, aritmie cardiache, ictus: con la risonanza magnetica funzionale abbiamo osservato che nel lobo prefrontale, a dieci giorni dall’ultima sniffata, non c’è più attività cerebrale».
Credevo che «fumarsi il cervello» fosse una frase fatta.
«No. La droga lo aggredisce, mina i sistemi neurologici centrali e lascia segni anche quando l’organismo crede d’averla metabolizzata. I giovani che fanno uso di cannabis sono 7-8 volte più esposti degli altri alla schizofrenia».
Perché l’Italia è al primo posto in Europa nel consumo di cannabis?
«Perché è di qui che penetra nel continente. E soprattutto perché c’è molta gente che va in giro a dire che fumarla non fai poi così male. È un fatto di marketing. Studi recenti dimostrano che il richiamo all’hashish in una canzone fa vendere più dischi. Idem nell’abbigliamento. Lei sa spiegarmi perché una ditta di Bressanone ha messo in commercio una bibita che si chiama Canna Pull e ha come simbolo sulla lattina una foglia di marijuana? O perché la Stainer di Pontremoli produce il cioccolato alla cannabis? Dentro c’è solo estratto di semi di canapa, privo di Thc. Ma intanto sono messaggi come questi che in un giorno distruggono anni del nostro lavoro».
Dagli spinelli si arriva sempre alle droghe pesanti?
«No».
È corretto dire che non tutti quelli che fumano hashish arrivano all’eroina epperò tutti quelli che si fanno di eroina hanno fumato hashish?
«Sì».
Da quali indizi si può intuire che un ragazzo è caduto nella rete?
«La prima patologia di chi si droga o abusa di alcol è la menzogna. Non perché sia corrotto. È che il cervello non gli funziona, si spegne l’area della verità. Torniamo sempre lì: i comportamenti morali sono fissati nel lobo prefrontale. All’improvviso questi adolescenti cambiano completamente compagnie, non frequentano più gli amici di prima. Ci aggiunga cambiamento d’umore, aggressività, alterazione del ritmo sonno-veglia, ansia, frequenti sospiri. In chi fuma hashish aumenta l’appetito, in chi usa cocaina e amfetamine subentra inappetenza».
Quanti sono i tossicomani in Italia?
«Che hanno bisogno di trattamento 385.000 e che ne usufruiscono già 170.000».
Qual è il fatturato annuo della Droga Spa?
«Moltiplichi 385.000 per 50 euro al giorno».
Fanno oltre 7 miliardi di euro.
«Aggiunga mezzo milione di occasionali che si drogano solo nei week-end, spendendo 200 euro al mese. E siamo a 8,2 miliardi di euro. Poi altri 300.000 curiosi che fumano o sniffano una volta al mese. Arriviamo a circa 8 miliardi e mezzo. Cifre sottostimate».
Gli spacciatori verranno a cercarla.
«Spero che non sia un augurio. In passato hanno minacciato i miei figli».
È giusto ricostruire il naso a spese del Servizio sanitario nazionale a chi se lo brucia inalando cocaina?
«No. L’assistenza è dovuta, ma le conseguenze dei comportamenti individuali non possono essere collettive. Non a caso Giovanardi ha proposto un’ammenda aggiuntiva dai 70 ai 300 euro per chi si rivela positivo al drug test, così da creare un fondo nazionale per la prevenzione degli incidenti notturni».
Che cosa risponde agli antiproibizionisti?
«Che il diritto a drogarsi non esiste in nessuna legislazione al mondo, neppure in quella olandese. Non puoi guidare o insegnare sotto l’effetto degli stupefacenti».
A suo parere un deputato o un senatore cocainomane ha diritto al seggio?
«No, ed è il motivo per cui abbiamo avviato prove tossicologiche volontarie sui capelli dei parlamentari. In 300 vi si sono sottoposti. Lo si è fatto proprio per ribadire il principio della responsabilità verso terzi. Vale per i deputati, ma anche per i magistrati, i medici, i piloti d’aereo, i ferrovieri, i conducenti di autobus, i tassisti, per chiunque abbia nelle proprie mani la vita di altre persone. Antonio Di Pietro mi ha obiettato: “Deve essere obbligatorio”. Siete voi che fate le leggi, gli ho risposto. Perché non ne approvate una per un drug test annuale a sorpresa?».
Gli eroinomani che trent’anni fa ciondolavano per le strade della sua città, Verona, al punto che sui giornali fu definita «la Bangkok d’Italia», dove sono finiti?
«Un 12% è morto. Un 24% s’è ammalato di Aids. Un 45% ha smesso di usare eroina da almeno 6-8 anni, tempo medio per la cessazione della dipendenza e il reintegro nella società. Un 19% è cronicizzato in terapia».
Ha avuto persone care morte per overdose?
«Qualche cugino e molti amici. Allora era una piaga legata alla contestazione. Oggi no. Drogarsi è diventato un fatto ricreazionale. Si parla tanto di disagio giovanile. Quale disagio? Questi sono figli dell’iper agio. Vengano con me in Africa a vedere il disagio vero».
Qual è il fascino segreto della droga?
«Lo spiegano le neuroscienze. Non c’entra la filosofia. Qualsiasi cosa stimoli il nucleus accumbens, un sistema di neuroni dell’encefalo che secerne dopamina, attrae da sempre l’uomo: cibo, sesso, cultura, intelletto, musica, droga. Il piacere è un antidepressivo. Passiamo i primi 30 anni della nostra esistenza a selezionare fonti di gratificazione, che vengono fissate in abitudini. È come una partitura a canone: legami familiari, lavoro, amicizie, tempo libero e così via. Quando entra la droga, questa mappa perde qualsiasi significato».
Pieno successo della sua missione, cessa come per incanto il flagello della tossicodipendenza. Il giorno dopo lei che fa?
stefano.lorenzetto@ilgiornale.it
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