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domenica 15 novembre 2015

Doposinodo. Chaput cita Guardini e il papa anche, ma non si sa quanto vadano d'accordo

Nel dare udienza il 13 novembre alla Fondazione Romano Guardini, papa Francesco ha citato un passo del grande teologo italo-tedesco che è uno dei suoi pensatori preferiti.

È il passo in cui Guardini riprende un episodio da "I fratelli Karamazov" di Dostoevskij, quando la gente "va dallo starec Zosima per presentargli le proprie preoccupazioni e difficoltà" e si avvicina a lui anche una contadina che gli dice di aver ucciso il marito malato, il quale l’aveva molto maltrattata. Lo starec vede che la donna è convinta di essere condannata e per questo "le mostra una via d’uscita: la sua esistenza ha un senso – spiega – perché Dio la accoglie nel pentimento". E lei "viene trasformata e riceve di nuovo speranza".

Il papa non ha collegato questo passo alle discussioni che si sono svolte nel sinodo sull'accesso o no dei divorziati risposati alla comunione. Ma proprio la misericordia e il perdono sono gli argomenti dei favorevoli all'assoluzione sacramentale e alla comunione eucaristica anche per chi vive una seconda relazione pur essendosi precedentemente unito in un matrimonio valido, con ancora in vita il coniuge da cui si è separato.

Sul prossimo numero di "First Things", che uscirà ai primi di dicembre, l'arcivescovo di Philadelphia Charles J. Chaput contesta precisamente questo argomentare, in un saggio dedicato a illustrare il senso autentico del vicino anno giubilare della misericordia.

Chaput è stato un protagonista del sinodo dello scorso ottobre. Ed è stato anche il più votato nell'elezione dei dodici rappresentanti dell'episcopato mondiale, nel consiglio che farà da ponte tra l'ultimo sinodo e il prossimo.

Ebbene, per mostrare come la misericordia è indissolubile dalla giustizia e dalla verità, Chaput cita anche lui Guardini, in un passo da "La fede e l'uomo moderno":

"La mente dell'uomo cade malata quando abbandona l'ancoraggio alla verità, non per il mentire, anche se mente spesso, perché in questo caso la ferita dello spirito può essere sanata dal pentimento e dal rinnovo di un buon proposito, ma per un'intima rivolta contro la verità. La vera malattia della mente e dello spirito si verifica quando un uomo non onora più la verità ma la disprezza, quando la usa come un mezzo per i propri fini, quando nel profondo del suo animo la verità cessa di essere per lui il bene sommo, il più importante".

E continua:

"La verità è essenziale per il sacramento della riconciliazione. […] Per questa ragione la Chiesa ha sempre insistito sulla necessità del pentimento per i peccati gravi, come condizione per ricevere l'eucaristia. La confessione e un genuino pentimento – che include un allontanamento dal proprio peccato – devono precedere la comunione. Un sincero movimento verso Dio sempre comprende un distacco dal proprio peccato.

"E questo porta alle attuali proposte che delle persone divorziate e risposate civilmente debbano essere ammesse alla comunione senza un cambiamento di vita. […] Tali proposte ricevono forza dal fatto che molte delle persone che cercano di aiutare sono buone, bene intenzionate, legate a nuove relazioni, spesso con figli. Perché – prosegue il ragionamento – dovrebbe la Chiesa punirle ed escluderle?

"La risposta è naturalmente che la Chiesa non vuole né punire né escludere tali persone. Esse rimangono membri bene accetti della comunità credente. Ma la Chiesa non può né ignorare la parola di Dio sulla permanenza del matrimonio, né minimizzare le conseguenze di scelte che persone adulte fanno liberamente. Non può confermare le persone in comportamenti che le separano da Dio e nello stesso tempo rimanere fedele alla sua missione. L'autentica misericordia è evangelica. Muove dalla fede che la grazia di Dio ha il potere di trasformarci. Ironicamente, una strategia pastorale che minimizza il peccato nel nome della misericordia non può essere misericordiosa, poiché è disonesta.

"La Chiesa può essere veritiera senza essere misericordiosa, come gli scribi che volevano lapidare le adultere che violavano la legge di Mosè. Ma la Chiesa non può essere misericordiosa senza essere veritiera. E la verità è che siamo chiamati alla conversione. Un approccio pastorale che ignora questa verità implica meno fede, non di più. 'Colui che vuole adattare troppo se stesso', è un celebre monito di Henri De Lubac, 'rischia di lasciarsi spazzar via'. In effetti, è questo ciò che vediamo accadere in Europa, in quelle Chiese dove la pratica pastorale riguardo al divorzio, alle seconde nozze e alla ricezione dei sacramenti si è allontanata dall'autentico insegnamento cattolico. Ciò che consegue da un non veritiero insegnamento sulla pratica dei sacramenti non è una più zelante vita evangelica ma il suo collasso".

Questa è solo una piccola parte del saggio dell'arcivescovo di Philadelphia. A prolungamento della discussione sinodale. In attesa del pronunciamento di papa Francesco.

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